A Castelfiorentino c’è il BeGo, museo completamente dedicato al pittore Benozzo Gozzoli, nato a Firenze nel 1420 circa. Mi piace il nome scelto per il museo: Be per Benozzo, Go per Gozzoli, trasmette affetto, complicità, legame, quello che appunto nacque e ancora continua, tra il pittore e la Valdelsa. E proprio a Castelfiorentino forse va il primato di possedere due cicli di affreschi tra i più importanti da lui realizzati per i tabernacoli-oratori della Madonna della Tosse del 1484 e per quello della Visitazione del 1491.
Il Museo BeGo si trova nel centro di Castelfiorentino, a pochi passi da Piazza Gramsci da un lato (dove potete trovare parcheggio), dalla stazione ferroviaria dell’altro. Insomma, o motorizzati o su rotaie, ci arrivate benissimo. Io ci arrivo in auto.
Una struttura moderna quella del BeGo, moderna e di colore rosso, come rosso è il colore predominante della pittura del Gozzoli. Un edificio pensato, progettato, realizzato, proprio in virtù di quello che avrebbe accolto: gli affreschi originali del pittore, in tutta la loro grandezza, “strappati”, come si dice in gergo, ripuliti, restaurati, ricomposti e ricollocati su due imponenti strutture, che ricalcano perfettamente, in dimensioni e altezza, i tabernacoli originari sopra menzionati. Un vero atto d’amore questo, sia per Benozzo Gozzoli, che per la comunità tutta, che può godere e fruire di tanta bellezza in un luogo nato apposta per accoglierla.
Per visitare il museo in modo corretto mi affido alle operatrici museali presenti all’entrata. Mi consigliano di iniziare dall’ultimo piano, dove potrò visionare comodamente seduta, un video (scoprirò sottotitolato per non udenti ) sulla vita e le opere di Benozzo Gozzoli. Ligia al consiglio eseguo. Alla fine della visione, su Benozzo (nel frattempo siamo entrati in confidenza) ne so decisamente molto di più e soddisfatta proseguo la visita.
Il Tabernacolo della Visitazione, con i suoi sei metri di altezza, padroneggia nel museo, lo si ammira da più parti. Pensate, che per poterlo inserire all’interno dell’edificio si è dovuto calarlo dal tetto prima che questo fosse completato.
I colori degli affreschi del Gozzoli si irradiano nell’ambiente, si spandono, creano, con luce propria e con quella che filtra dall’esterno, una sorta di arcobaleno diffuso, dove un rosso e un azzurro tutto suo la fanno da padrone. Le figure liturgiche rappresentate si…muovono, si animano, vivono. Mi avvicino, ma lungi da me il toccarle.
Tocco invece, ora chiudendo gli occhi per immedesimarmi, ora riaprendoli, tutti i punti che delineano il percorso tattile e audiovisivo creato per i non vedenti, che si snoda per l’intero museo. Le spiegazioni che ascolto e che leggo mi vanno in circolo: cosa è una sinopia? Quali sono le tecniche usate per l’affresco? Quanto tempo occorreva per completare l’opera? Lascio a voi lo scoprirne le risposte. Come volutamente lascio senza didascalia, le immagini postate.
Non vi resta che andare.
Un gruppo di bambini in età scolare, accompagnati dall’insegnante, si affaccia all’entrata. Hanno occhi curiosi e smania di conoscenza.
Per un po’ resto in un angolo e li osservo.
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